Guerre e ambiente: una riflessione ignorata
Il 6 novembre è la Giornata Internazionale per la Prevenzione dello Sfruttamento dell’Ambiente in Tempo di Guerra e di Conflitto Armato.
Non serve dire che questa giornata andrebbe celebrata ogni giorno dell'anno, ma almeno in questa data si cerca di sensibilizzare le persone verso una distruzione ambientale, che è anche un silenzioso modo di porre fine alle risorse per vivere in futuro.
Sempre più spazi inagibili e pericolosi, dove si potrebbe creare sviluppo economico e benessere per milioni di persone.
Pensate che le guerre siano relegate in poche zone del mondo “calde”?
Attualmente sono coinvolti in conflitti 29 stati dell'Africa, 16 stati asiatici, oltre a 7 in medio oriente.
Sono 6 gli stati coinvolti tra America del Nord e America del Sud.
E nella apparentemente pacifica Europa, ben 9 stati.
Certo, stiamo parlando di vere e proprie guerre, ma anche di scontri tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti. Questo non rende meno duro il territorio in cui vivere.
Oltre alle tragedie legate alle perdite umane e ai traumi dei sopravvissuti, compromettere nel lungo periodo gli ecosistemi e le risorse naturali, porta a un impoverimento generale del suolo, del mondo vegetale ed animale.
La prospettiva di crescita demografica ci indica che la via da percorrere è rispettare il nostro pianeta e renderlo più sano e vivibile.
I conflitti lo rendono invece pericoloso (basti pensare alle mine inesplose o all'avvelenamento di corsi d'acqua, o ad esperimenti nucleari in zone sconosciute) e ogni giorno più infecondo.
Spesso gli effetti negativi si estendono oltre i territori nazionali coinvolti e giungono alle generazioni successive che, incolpevoli, provano a combattere, con le (a volte scarse) risorse a disposizione, la desertificazione e la distruzione vegetativo-animale.
Una ragione in più per riflettere, dato che i conflitti, ovunque essi siano, riguardano tutti noi e il nostro futuro.